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Il culto giapponese del Sakura, fiore di ciliegio

Pensi alla primavera e la mente si apre a delicate e solari immagini di colori, fioriture e una natura che rinasce in tutto il suo splendore, ti sembra quasi di sentire i profumi che inebriano la campagna e di assaporare i polposi frutti che solo questo periodo dell’anno ci dona.

Le ciliegie per esempio! A tutti sarà capitato di assaggiare questo delizioso frutto, ma forse non tutti sanno che tra le molte varietà di ciliegio ne esistono alcune che producono frutti buonissimi (prunus avium o cerasus) ed altre che invece restituiscono frutti non commestibili ma che in compenso ci regalano dei fiori meravigliosi che sbocciano dopo l’equinozio di primavera (tra cui il prunus serrulata).

Lo sanno bene i giapponesi, per i quali il ciliegio è oggetto di un vero e proprio culto; a partire dal periodo Heian (794-1185), ogni anno in primavera ricorre la festa “hanami” (che significa guardare i fiori, in particolare quelli di ciliegio) dove si festeggia  la bellezza effimera del sakura (fiore di ciliegio). L’attenzione per questo fiore esula dalla sua bellezza e si concentra sulla sua caducità, essendo fiorito soltanto per pochi giorni. Il senso della festa è infatti nell’osservare con un pizzico di malinconia e commozione la caduta dei fiori dall’albero, trasportati dalla brezza primaverile, simboleggiando la precarietà dell’esistenza terrestre da cui tutti un giorno dovremo distaccarci.

Nonostante questo però la ricorrenza è vissuta con gioia, e le persone si distendono sotto gli alberi accogliendo la lieve pioggia di petali in compagnia.

In Italia non vi sono invece credenze particolari sul ciliegio, se non l’usanza contadina di cingere gli alberi con paglia intrecciata nel periodo natalizio, quello cioè del solstizio d’inverno e di rinascita del sole, non tanto per proteggere l’albero quanto piuttosto per esortare quelli che avevano prodotto poco a far meglio hanno successivo, pena l’abbattimento. Ciò presupponeva che gli alberi avessero una sorta di coscienza e questa credenza risale addirittura all’epoca preistorica.

Il ciliegio selvatico, prunus avium, non è una specie indigena italiana, ma già in tempi preistorici si propagò in Europa e ne ebbe larga diffusione; quello che conosciamo come ciliegio da frutto, prunus cerasus, arrivò invece in tempi più recenti dall’Asia, dove esistono anche oltre 200 specie diverse di ciliegi che danno frutti non commestibili, come il prunus serrulata e il prunus sargentii. Si tratta di un albero deciduo, composto da corteccia, foglie dal colore verde dal pallido al brillante, fiori bianchi o rosa pallido a gruppi da due a se, e naturalmente il frutto carnoso e rosso brillante.