Le molteplici proprietà del ginepro: da ingrediente in cucina all’arboricoltura.
E’ risaputo che le piante portino con se un bagaglio incredibile di profumi, colori, essenze, e siano circondate da una sorta di aura misteriosa, a tratti magica, tanto che spesso sono oggetto di interesse di scrittori e poeti.
“..Piove…
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude..”
(G. D’Annunzio)
Ognuna è però custode di straordinarie peculiarità che la rendono unica e ne hanno fatto nascere leggende.
Tra queste in Italia ha un posto speciale il Ginepro il cui nome sembrerebbe esprimere l’asprezza del suo frutto e l’arduo contatto la pianta (dal celtico Gen – cespuglio e Prus – aspro) e dal quale nasce il famoso detto “trovarsi in un ginepraio” lasciando intendere il trovarsi in una situazione difficile.
Già da inizio ‘900 nelle campagne era uso bruciare un ramo di ginepro nelle sere di Natale, dell’ultimo giorno dell’anno e il 6 gennaio, per poi utilizzare il suo carbone durante il corso dell’anno per vari rimedi superstiziosi.
In Toscana poi si usava appendere un ramo di ginepro alla porta di casa poiché si credeva che questo allentasse le streghe; era credenza diffusa infatti che le streghe fossero attratte dal desiderio di contare le foglie di questa pianta, ma essendo molto folta si spazientissero e quindi si allontanassero.
Non solo il ramo però porta con sé simboli, ma anche il suo profumo visto che il Norvegia era usanza cospargere il pavimento con un balsamo di ginepro poiché i norvegesi pensavano che rendesse l’aria più pura. Forse per questo, e perché in fondo le leggende non nascono per caso, l’essenza di ginepro è tutt’oggi utilizzata in erboristeria sotto forma di infuso per le sue proprietà diuretiche, o come olio essenziale per massaggi rilassanti, come anche in omeopatia e nella medicina popolare contro infiammazioni di vario tipo, specialmente quelle urinarie.
Certo è che la pianta di ginepro è caratterizzata da bacche (chiamate coccole) dal sapore acidulo ma perfette per essere usate in cucina: dall’affumicatura dei salumi, al condimento in piatti a base di selvaggina, arrosti, stufati e nelle marinate di carene o pesce, e perfino alla produzione di liquori (il gin o l’acquavite ad esempio).
Si tratta di una conifera che ha poca necessità d’acqua, per cui è diffusa in montagna laddove le gelate rendono l’acqua spesso indisponibile, o negli aridi ambienti mediterranei montagne; cresce spontanea ma può ovviamente essere coltivata in diverse specie: dal junipenus communis che produce le caratteriste bacche dette coccole; al Juniperus Sabina che si trova in forma di arbusto o alberetto ed è velenosa, diffusa in luoghi soleggiati delle zone montane e dove spesso viene utilizzata per il consolidamento del terreno o come pianta ornamentale; al Juniperus virginiana noto col nome di cedro della Virginia coltivato per la produzione di assortimenti legnosi; fino al Junipersu Chinensis largamente utilizzato come arbusto ornamentale, soprattutto nell’arte del bonsai.